LA TESSITRICE
Mi son seduto su la panchetta
come una volta. quanti anni fa?
Ella, come una volta, s’è stretta
su la panchetta.
E non il suono d’una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d’un cenno muto:
Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l’arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?
E piange, e piange — Mio dolce amore,
non t’hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò.
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