Là sulla vetta sul ripido crinale,
dall’infinita valle un forte vento sale.
Al culminar di quell’ardito monte,
sulla roccia che sovrasta l’orizzonte,
infissa ormai da anni,
silente e senza voce,
di ferro lavorato c’è una Croce.
M’appoggio ad essa, e solitario prego,
ma l’affanno il cuor che batte e per onestà non nego,
che nell’osservar l’architettato rostro,
confondo l’Ave Maria con il Padrenostro.
Accarezzo di nuovo l’arruzzito ferro sopra due ‘E’,
che nel tempo lontano Colui che non c’è più incise con la mano.
L’accarezzo ancora e non appare strano,
che le due ‘E’ si tengono ancor per mano .
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