Poesia Trittico di Giuseppe Gibilisco



TRITTICO

salpammo, spiegate le vele,
dal porto della nostra innocenza.
Era l’alba del primo giorno.
All’orizzonte i fuochi fatui
tessevano le trame del nostro domani.
E fu l’entusiasmo
la nostra stella polare.

Erano bambini nani
quelli che affidammo
alle certezze del mare
e se talvolta un lamento
d’uccello mi sfiora
quell’ultimo sguardo
che non volsi d’amore
m’accora.

2
Credevo che la felicità abitasse
nel castello incantato
oltre le dune
del mio sterminato deserto.
In groppa all’ippogrifo,
inferti tutti i colpi
al cuore che credeva,
scorrazzai in lungo e in largo
per i tortuosi sentieri dell’anima,
tentando di rubare alla conchiglia
il suo segreto. Dai punti cardinali
della mia solitudine,
trassi i miei ansiti e li deposi
sulla lettiga della fede; e come Cristo
delle sue, m’innamorai
delle mie infermità.

Ora che so
che la felicità
è un fiore di sesamo
che cresce soltanto
nei giardini d’oriente,
ho gettato la spugna
ai piedi
dei miei quaranta ladroni
e ho abbracciato,
rinnovato,
la contingenza della mia
provvisorietà.

3
S’io non avessi
patito una morte
per troppo amore
di voi.
se invano
non avessi atteso
nelle sale d’aspetto
della mia inesistenza
e non avessi tracciato
su impervi sentieri
l’inconsistenza dei miei piedi
piagàti.
s’io non mi fossi rinchiuso
nelle strette pareti
del mio solipsismo
e non avessi studiato
teologia filosofia
o non avessi sognato
d’un mio Eldorado.

quant’acqua, chissà,
al mio mulino!

Giuseppe Gibilisco (1982)
Poesia finalista al premio
‘Lerici-Pea 1983’

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